"Playmakers"
Woodstore + Paolo Fresu

Picanto Records PIC 021 (2010) www.picantorecords.com

 


Paolo Fresu (tpt)
Massimo Carboni (ten)
Mariano Tedde (piano, composer)
Paolo Spanu (bass)
Gianni Filindeu (drums)
 

 

“Il singolo può essere determinante per il collettivo, ma non può fare, da solo, il collettivo”. Parole sante, converrete, pronunciate da uno che la sapeva lunga, e che da solo (o with a little help from his friends) aveva spesso risolto i problemi ai suoi colleghi. Duke Ellington? Gil Evans? No, a esprimere quel concetto fu Kareem Abdul Jabbar, grande appassionato di jazz, ma di mestiere giocatore di basket. Il più grande mai esistito sui parquet della pallacanestro professionistica americana, secondo molti. Lui, il migliore, riconosceva il potere invincibile della squadra, l’inscalfibile precisione del meccanismo collegiale: si gioca e si vince insieme, grazie all’apporto di ciascun singolo componente del team, il cui funzionamento, allenamento, i cui schemi di gioco dovevano - come sosteneva il mitico coach K (inevitabile diminutivo di un cognome impronunciabile: Krzyzewski), il più influente tra gli allenatori di college -, semplicemente aiutare l’immaginazione: senza, le partite non si vincono.

Capite, dunque, che le similitudini tra il basket - ai cui sistemi di gioco la copertina e il titolo del disco è dedicata - sono molte, e assai strette. Tanto che questo nuovo, attesissimo, lavoro del Woodstore si ispira ad alcuni aspetti tattici propri della pallacanestro. Perché, intanto, il Woodstore è un gruppo, questo vuol dire una cosa importante, ed oggi in Italia in parte dimenticata; un gruppo è come una squadra di basket: si allena regolarmente, e ogni giorno prova nuove soluzioni a nuovi, o agli stessi vecchi problemi; come una squadra, è un organismo che cresce ed evolve costantemente grazie alla pratica comune quasi quotidiana, e alla condivisione di uno stesso obiettivo. E poi perché, quando in una squadra arriva un fuoriclasse, la domanda inevitabile è: deve essere la squadra ad adattarsi al nuovo arrivato, o è il nuovo arrivato che deve calarsi negli schemi della squadra? La risposta tra un paio di paragrafi. 

Ragionando in termini più prettamente musicali, quella del Woodstore è una geometria variabile. È un quartetto, ma ha sempre una casella in più, un luogo timbrico da riempire. Il leggio a disposizione è quello della tromba: strumento al quale l’economia compositiva e la tensione strumentale del gruppo non sa rinunciare. Sin dagli inizi il quinto uomo – il trombettista – è stato una pedina intercambiabile attraverso cui sperimentare le diverse facce di un approccio al jazz assai rigoroso, ma allo stesso tempo estremamente moderno e flessibile. E, a leggere i nomi dei musicisti che in passato hanno occupato quel leggio, molto si comprende dell’orizzonte del Woodstore: Flavio Boltro, Tim Hagans, Eric Vloeimans, Andy Gravish. Tutti trombettisti modernissimi, addirittura visionari – è il caso dell’olandese Vloeimans – ma con i piedi ben piantati in quello che ancora oggi ci ostiniamo a chiamare il linguaggio del jazz: declinato con larga angolazione, senza dogmi e a partire dalla libertà che esso stesso richiede. 

Per questo nuovo lavoro discografico del Woodstore il quinto uomo è Paolo Fresu. Il trombettista di Berchidda -  sardo come tutti i componenti del gruppo, ai quali è legato da antica fratellanza -, è musicista ingombrante: la sua presenza richiama automaticamente tutti i linguaggi, le esperienze, i progetti, le dimensioni che ha attraversato negli ultimi venti anni di una carriera monumentale. Ma proprio quella che poteva rivelarsi una debolezza, si è trasformata nella carta vincente dell’operazione, perché l’incontro è avvenuto sul terreno di un jazz cosmopolita, vibrante, consapevole e generoso. Chiudendo il cerchio, e dunque lasciando fuori tutti gli elementi posticci di una sardità da cartolina musicale, i cinque musicisti hanno dialogato a partire da una lingua comune, impreziosita dalle sfumature che ciascun partecipante conserva nel proprio lessico. Jazz – ebbene sì! – contemporaneo, vivo, pulsante, pieno di idee, che pone problemi e li risolve in virtù di una scrittura mobilissima e curiosa, e di capacità individuali di caratura assoluta. Dal bolero, maliziosamente davisiano, diInspired By You, alla forza travolgente di Michael, questo è un disco di classe purissima. E che sancisce il livello di un quartetto, pardon, di un quintetto come ce ne sono pochi in giro.

Insomma, grazie all’intelligenza che hanno i grandi giocatori, pardon musicisti, il fuoriclasse Fresu si è calato negli schemi di squadra, contribuendo alla riuscita di un lavoro intenso, affascinante e vincente. Ha lavorato per la squadra, segnato e recuperato palloni. Accanto a lui, semplicemente, Carboni, Tedde, Spanu e Filindeu hanno dimostrato di essere giocatori di livello assoluto. E una squadra imbattibile.

Vincenzo Martorella

 

 

 


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